Friday, January 28, 2011

Sotto Pressione - Nuovo lavoro


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• Published on Friday, January 28, 2011 • No comments

In un angolo di mondo, l’acciaio del pregiudizio brilla come oro sbiadito #

Dopo anni di sforzi e di lavoro nel negozio di lampade, il cambio di carriera che avevo tanto desiderato mi ha finalmente condotto alla R. Eppure, nonostante l’apparente successo, non riesco a scrollarmi di dosso una sensazione di disagio che mi stringe come una morsa. Oggi, mentre ero in pausa, ho deciso di pranzare al ristorante del penultimo piano, uno spazio che avevo sempre considerato un piccolo lusso personale, un angolo di tranquillità in cui rifugiarmi. Ma non appena mi sono seduta al tavolo, con la mia bella insalata di pesce, il manager del mio reparto è apparso come un’apparizione sgradita. Con uno sguardo gelido e una voce che non ammetteva repliche, mi ha fatto sapere che quel posto non era per me. “Avresti dovuto mangiare come tutti gli altri!” ha detto, la sua voce tagliente come vetro rotto. "Cosa?" Ho replicato. In un attimo, sono stata trascinata fuori dal mio angolo di serenità e gettata in una tempesta di confusione. Non contento, ha proseguito con domande invasive sulla mia famiglia, sul mio passato, e addirittura su come potessi permettermi di gustare un’insalata di mare in questo ristorante. La sua curiosità era implacabile, quasi morbosa.

Io, che non pago nemmeno l’affitto e che vivo in centro città con il mio ragazzo, ho cercato di spiegare che essere di Milano non significa essere di serie A, sempliecemente posso permettermi alcuni lussi, e quindi? Sono in pausa, e sono i miei soldi. Posso decidere come spenderli in santa pace senza essere giudicata? NO! La sua presunzione mi ha sconvolta: quale diritto ha questo uomo di giudicare le mie scelte? La sua visione angusta mi ricorda un mondo in cui le differenze vengono punite, un mondo in cui la bellezza e la semplicità di una pausa pranzo diventano terreno di giudizio e discriminazione. Mi sento sopraffatta da un senso di ingiustizia, da un’emozione che mi ribolle dentro. Non è solo il fatto che mi hanno criticata, è il peso di un sistema che ancora non riesce ad accettare che siamo tutti allo stesso livello, anche se uno ha piu' anni di esperienza di un altro, e si sta parlando di anni di esperienza in un negozio di vestiti, non alla Nasa. Non riesco a concepire che siamo nel 2011 e che c'è gente che ancora giudica e condanna senza uno straccio di comprensione. Ho cambiato lavoro per inseguire un sogno, per cercare un ambiente più inclusivo, e ora mi trovo a combattere contro una logica che non riesco a concepire.

Sono sconvolta. La mia realtà, che sembrava così semplice e chiara, viene ora oscurata da una rete di pregiudizi e malintesi. La R., che doveva rappresentare una nuova alba, si trasforma in un campo di battaglia per la mia dignità. E mentre mi sforzo di ricompormi, mi chiedo se il mio sogno non fosse solo una fragile illusione. In questo mondo dove il giudizio sembra avere più peso della verità, mi aggrappo alla speranza di una società che possa finalmente superare queste barriere invisibili. E mentre continuo a lottare per il mio posto, non posso fare a meno di chiedermi se mai riusciremo a vedere il mondo attraverso una lente di accettazione e comprensione autentica.

Background musicale: “Redemption Song” by Bob Marley

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