l’ombra di una scelta si allunga e si schiude. #
Nel fragore del presente, l’eco di un passato che si dissolve si fa sempre più insistente. Le voci dei social media, Twitter e Facebook, sembrano svanire in una danza effimera che, giorno dopo giorno, mi trascina verso una riflessione inquietante. Mi chiedo se davvero questi strumenti della comunicazione contemporanea siano destinati a perdurare o se, come tante altre mode, sono destinati a dissolversi nella polvere del tempo.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che la mia vita, così come quella di molti, è un collage di frammenti digitali e frammenti umani. È come se fossimo diventati dei naviganti solitari su un mare di dati, cercando di trovare un senso in un oceano di informazioni superficiali. Mi ritrovo a riflettere su come questo possa influenzare la nostra essenza, la nostra profondità.
C'è una solitudine che cresce, nonostante la connessione costante. È una solitudine che si nutre della nostra incessante ricerca di approvazione e di riconoscimento. Le notifiche sullo schermo del mio smartphone sono come le stelle che mi guidano in una notte senza luna, ma che, alla fine, non mi conducono da nessuna parte.
Eppure, c’è un paradosso in questa esistenza. La nostra connessione sembra intensificare un senso di isolamento, di distanza che non può essere colmata nemmeno dalle risposte istantanee. Mi domando se siamo veramente capaci di comunicare, o se siamo semplicemente in balia di un flusso incessante di parole vuote.
La mia introspezione mi porta a un pensiero ancora più profondo. In questo mondo in cui l’identità si plasma e si plasma ancora, dove il virtuale e il reale si mescolano senza soluzione di continuità, quale spazio rimane per il vero io? Quante maschere dobbiamo indossare per adattarci a un mondo che cambia in continuazione? Ogni giorno, il mio riflesso nello specchio sembra chiedermi se sono rimasta fedele a me stessa o se mi sono persa lungo il cammino.
La vera domanda è se esista una via per ritrovare la propria autenticità in un mondo che richiede una costante metamorfosi. Siamo costretti a reinventarci continuamente, e io mi chiedo se questa trasformazione sia una scelta o una necessità imposta dalle circostanze.
Sulla scia di questa riflessione, ascolto la melodia di una canzone jazz, «Take Five» di Dave Brubeck, una composizione che, con il suo ritmo inusuale e il suo fascino ineguagliabile, riflette il mio stato d’animo. Mi aiuta a trovare una tregua nella confusione e a considerare con più calma il mio posto in questo vasto mare di incertezze.
E allora, in questo momento di tranquillità, rifletto su quanto sia imperativo restare ancorati a qualcosa di autentico, anche quando il mondo intorno a noi sembra crollare. Mi interrogo su come mantenere un equilibrio tra il nostro io interiore e le aspettative esterne, mentre continuo a navigare attraverso le onde di questa esistenza così incerta.
A volte, mi chiedo se le risposte che cerchiamo non siano già dentro di noi, nascoste sotto strati di paura e dubbio. In fondo, siamo noi a decidere quale direzione prendere, anche quando sembra che tutto intorno a noi stia crollando. E così, mentre mi perdo nei miei pensieri, mi accorgo che il viaggio stesso è la risposta.
Per oggi, mi accontento di questi pensieri e di questa musica, che mi accompagna mentre scrivo, e continuo a sperare che, nella vastità di questo mare tempestoso, possa trovare una rotta verso una maggiore comprensione di me stessa e del mio posto nel mondo.
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Eclipse ~ Eclixar.
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