In Italia, mia madre mi dice al telefono che la situazione sembra sotto controllo, ma la sua voce tradisce una lieve preoccupazione che non c’era prima. Forse è solo la paranoia, mi ripeto, ma poi mi chiedo: e se non lo fosse? A volte, camminando lungo i canali, rifletto su quanto sia fragile questa quiete che ci circonda. I mercati, i caffè, le librerie... Tutto sembra così normale. Ma so che sotto questa superficie, qualcosa sta cambiando. Un cambiamento che non possiamo vedere, ma che sentiamo come un’ombra che ci sfiora la pelle.
Le notizie dall’Italia sono un flusso costante di informazioni. Si parla di un focolaio in Lombardia, di ospedali sovraffollati. Mio padre, con la sua solita compostezza, mi dice che non c’è motivo di preoccuparsi. Ma io sento che qualcosa non va. È un sentimento che non riesco a spiegare, una sottile crepa che si insinua nel mio cuore. Mark Rutte oggi ha rilasciato una dichiarazione: «Monitoriamo la situazione». Ma cosa significa, davvero? Monitorare? Come si monitora una minaccia che si insinua silenziosamente, senza farsi notare? Il virus è qui, ne sono certa, anche se ancora nessuno lo ammette apertamente.
La gente ride ancora nei bar, i canali sono ancora affollati di turisti, ma io cammino guardandomi intorno come se fossi fuori dal tempo. Vedo la città come un riflesso di ciò che sta per essere travolto da qualcosa di invisibile e incontrollabile.
Quando ci renderemo conto che il mondo che conoscevamo non esiste più? Quanto ancora possiamo andare avanti, fingendo che tutto vada bene? È strano, questa città, così vivace, sembra addormentata sotto una coperta di tranquillità apparente. Ma io so che questo silenzio è solo il preludio a qualcosa di molto più grande. La verità è che siamo tutti in attesa, anche se non lo ammettiamo. Aspettiamo che qualcosa accada, che qualcuno dica: «È ora di fermarsi». Ma nessuno lo farà, non ancora. E noi continuiamo a vivere, a muoverci, senza renderci conto di essere già parte di un evento che cambierà tutto.
Non si vede ancora, ma lo sento. E non posso fare a meno di chiedermi: quando tutto questo sarà finito, chi saremo diventati?
Quando ci guarderemo indietro, riconosceremo ancora noi stessi? Cosa resterà di ciò che eravamo prima che l'ombra ci avvolgesse?
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