Nonno... Da quando te ne sei andato, non ti ho mai dedicato un post. Ho lasciato che il silenzio inghiottisse il dolore, forse per paura di affrontarlo. Non era la tua morte che mi ha spezzato, ma la consapevolezza che non sarei mai stata pronta. Perché sì, sapevo che sarebbe successo, ma non si è mai pronti alla fine di qualcuno che è sempre stato lì, in ogni passo. In ogni respiro. Tu eri quella figura imponente, intransigente, con cui ho litigato così tante volte. Ogni discussione era una battaglia persa in partenza, perché io, Alice, credevo di sapere sempre tutto. E invece tu mi insegnavi, con quella tua voce profonda, che c’era tanto da imparare. Ora lo capisco. Ma sei già andato via.
L’ultima volta che ci siamo visti, ti avevo salutato frettolosamente. Un abbraccio rapido, un sorriso tirato. Come se ci fosse sempre un domani. Ma non c’è stato. Quando mi hanno detto che te ne eri andato, sono rimasta ferma, come paralizzata. E non ho pianto subito. No, le lacrime sono arrivate dopo, in quel silenzio cupo che si è fatto largo nel mio cuore. Un silenzio che non mi lascia ancora. E tu non volevi questo per me. Lo so. Mi guardavi spesso con quei tuoi occhi severi, ma pieni di amore. Volevi che fossi forte. Che camminassi a testa alta, come fai tu. E invece sono rimasta qui, immobile, per mesi. Non ho festeggiato il Natale. Non ho sorriso a Capodanno. Sono stata assente, come se la mia vita avesse perso colore. Mi sono chiusa in una prigione che tu, con la tua voce, avresti distrutto.
Abbiamo litigato, certo. Ricordo ancora quella volta in cui mi hai detto che ero troppo testarda, che la vita non va vissuta di sola rabbia. E io ti ho risposto che non mi importava, che la mia rabbia era tutto ciò che avevo. Che errore... La vita è molto di più. Ma l’ho capito solo ora. Ora che tu non sei qui. Ora che le tue parole mi mancano e il tuo silenzio pesa più di ogni parola che avrei voluto sentire. Sei sempre stato il mio nonnino. Quell'uomo che non si piegava a niente, che lavorava sempre troppo, anche in pensione, che adorava i suoi campi, le pannocchie, il suo cagnolino, e che aveva una dolcezza che pochi riuscivano a vedere. Io l’ho vista, sai? Anche se non te l’ho mai detto. Anche se abbiamo passato più tempo a discutere che a parlare davvero. Quante cose ho da dirti, e tu non ci sei.
Non ti ho mai scritto, perché scrivere significava accettare. Accettare che te ne sei andato davvero. Ma oggi lo faccio. Oggi scrivo per te, per me. Per ricordarmi che anche se te ne sei andato, tu sei ancora qui. Sei in ogni mio passo. In ogni decisione che prendo, in ogni parola che scrivo. Non credo di avertelo mai detto, vorrei avertelo detto abbastanza: TI VOGLIO BENE. Vorrei poterti chiamare, sentire ancora la tua voce che mi chiama Liciotty, quella voce che mi diceva di stare tranquilla, che tutto andrà bene. Ma non posso. Posso solo sperare che tu, da qualche parte, mi stia guardando. E che tu sappia quanto mi manchi. Perché mi manchi tanto, nonno. Ogni giorno. Ogni singolo giorno.
Ora so che la tristezza non è ciò che avresti voluto per me. Eppure è così difficile lasciarla andare. Forse è il mio modo di tenerti qui, con me. Ma oggi voglio fare un passo. Un piccolo passo. Voglio sorridere di nuovo, come facevo quando mi raccontavi quelle storie di guerra che ti facevano brillare gli occhi. Voglio ricordare i nostri momenti, non con malinconia, ma con gratitudine. Non è facile, lo so. Ma lo devo fare. Lo devo fare per te, per me, per noi. La vita va avanti, e tu sei parte di me, per sempre.
Forse il dolore non passerà mai davvero. Ma è tempo di accettarlo, di farne parte di me, senza lasciarlo definire chi sono. È tempo di vivere, come tu avresti voluto.
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