« Un anno che sembra voler cancellare ogni illusione di pace. Ho appena messo piede fuori da una caffetteria in Amsterdam, il vento mi sferza il viso. La neve, bianca e silenziosa, cade intorno a me come uno spettro che avvolge la città, rendendola irreale. Guardo il mio telefono. Notizie da Parigi. Un attacco alla redazione di Charlie Hebdo. Undici morti. Giornalisti. Disegnatori. Libertà di stampa. »Rimango immobile per qualche secondo, incapace di connettere il rumore delle notizie alla calma surreale che mi circonda. Sono lontana, ma tutto si fa così vicino. In un istante, il pensiero della morte mi avvolge come un manto pesante e freddo. Quella morte è lì, tra quelle parole che si scrivono su carta e che nessuno riesce più a capire veramente. Che cos’è la libertà? Che cos’è la mia libertà? L’ho cercata sempre, nel modo in cui vivevo, nelle parole che sceglievo di dire, ma oggi, la mia visione cambia. Cambia tutto.
La libertà è un concetto vuoto finché qualcuno non lo uccide. Oggi, nel silenzio bianco di Amsterdam, ho capito che la mia libertà, quella che credevo fosse al sicuro, si sta sgretolando proprio come quei fiocchi di neve che si dissolvono prima ancora di toccare il suolo. I disegni satirici, le vignette. Erano solo espressioni, idee tracciate su un foglio. Ma quegli uomini a Parigi, armati di fucili, hanno deciso che alcune idee non devono esistere. Ed è questo che mi ha sconvolto. Non tanto la morte, per quanto crudele, ma l’idea che qualcuno potesse decidere cosa è giusto e cosa no, chi può parlare e chi deve tacere.
Per la prima volta, mi rendo conto che la libertà non è solo un diritto, ma una battaglia. Quando penso a Charlie Hebdo, non posso fare a meno di pensare alla mia personale battaglia con la libertà. Il coraggio di scrivere, di esprimere il mio punto di vista, senza compromessi, è diventato, col tempo, una sorta di arma. Scrivere per me non è mai stato solo mettere parole su un foglio. È un atto di sfida. Una sfida a chi vorrebbe che la realtà fosse filtrata, a chi vorrebbe che le nostre voci fossero soffocate. Ma oggi, mi chiedo: vale ancora la pena combattere? Quando l'inchiostro può trasformarsi in sangue, quando la satira diventa una sentenza di morte, chi siamo noi per affermare che la libertà di espressione debba prevalere su tutto?
In quel momento, le mie convinzioni vacillano. La risposta non arriva. Non subito. Solo il tempo, forse, potrà darci risposte. O forse no. Mi avvolgo nel cappotto e continuo a camminare. La neve si fa più fitta. In lontananza, sento le campane di una chiesa. Amsterdam sembra una città dimenticata, intrappolata in un limbo tra passato e futuro. Ma non posso dimenticare. Non posso ignorare ciò che è successo. Charlie Hebdo non è solo una tragedia per la Francia, è una tragedia per tutti noi.
Ho sempre creduto che la verità debba essere raccontata, costi quel che costi. Ma oggi, in questo mondo caotico e fragile, sono piena di dubbi. La libertà ha un prezzo troppo alto? Rifletto sul mio ruolo, sulla mia responsabilità come scrittrice, come testimone di un’epoca che sembra volersi distruggere da sola. Scrivere è ancora il mio modo di combattere, ma oggi, quella battaglia mi sembra più oscura, più pericolosa. Ma forse è proprio questo il punto: continuare a scrivere, anche quando tutto sembra andare in pezzi. Perché se non lo facciamo noi, chi lo farà?
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