L’Iraq diventa il palcoscenico di una nuova follia collettiva, un’esibizione tragica e sanguinosa. E allora, in mezzo a questa commedia dell’assurdo, mi viene da pensare: dov’è finita la logica? Dove sono finite le menti illuminate che avrebbero dovuto guidarci verso un futuro migliore? Forse sono partite per un picnic su Marte, lasciando il nostro mondo nelle mani di chi sa solo distruggere.
Siamo spettatori impotenti, seduti nei nostri divani, con una patatina in mano e il telecomando nell’altra. Questo spettacolo, che ci viene servito come un episodio di “Friends” con esplosioni al posto delle battute spiritose, è una parodia amara della realtà. Eppure, sebbene tutto sembri un copione scritto da un autore ubriaco, la realtà supera sempre la finzione.
Ricordo le notti passate a seguire le notizie, il rumore incessante delle sirene, e il pensiero che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo. Non c’è nulla di eroico nell’invasione di un paese, nulla di nobile nell’imporre la propria visione di democrazia a suon di bombe. Gli anni passano, e noi continuiamo a essere spettatori di un circo in cui le stesse tragiche battute vengono ripetute.
E i politici? Quelli che si scambiano sorrisi forzati e dichiarazioni di solidarietà? Sono semplicemente i burattinai di un sistema marcio, che continua a girare su sé stesso senza mai cambiare. Si ergono a salvatori del mondo, ma in realtà non fanno altro che perpetuare un ciclo di violenza e ingiustizia.
Io mi chiedo, con la frustrazione di chi vede il futuro incerto e tormentato: chi siamo noi per giudicare? Forse, in fondo, non siamo altro che semplici mortali, immersi nella nostra ignoranza e impotenza. Forse non abbiamo altro che il nostro piccolo angolo di mondo, in cui possiamo solo guardare, e magari piangere, mentre il resto del pianeta si consuma in questa follia perpetua.
Ma chi sono io per giudicare? In fondo, anche la mia voce si perde nella vastità di un mondo che sembra destinato a ripetere gli stessi tragici cicli. La guerra continua, e noi restiamo a guardare, in attesa di un cambiamento che sembra sempre più lontano.
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