Sunday, October 7, 2001

Afghanistan


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• Published on Sunday, October 07, 2001 • No comments

L’Apocalisse a Colazione #

Sono seduta davanti alla televisione, il volto illuminato dalla pallida luce dello schermo, mentre il telegiornale trasmette l’ennesima notizia di guerra. Mi sembra impossibile che sia accaduto di nuovo, come se non avessimo già abbastanza macerie sulle coscienze del mondo. Ma evidentemente, il destino ha deciso di giocarci un brutto scherzo. Invece di affrontare le nostre disgrazie con il dialogo e la diplomazia, eccoci qui, a rivedere l'orrore in un nuovo e drammatico episodio.

Cosa ci aspetti, un'apocalisse a colazione? È questo il futuro che ci stiamo preparando a vivere, mentre il nostro pianeta continua a pulsare con il ritmo incessante della guerra? Il mondo intero sembra aver smarrito la bussola, incapace di apprendere la lezione che la storia ci ha insegnato. Eppure, non è difficile capire che combattere il fuoco con il fuoco non ha mai portato nulla di buono, se non un ulteriore aumento delle fiamme. Ma sì, continuiamo a marciare su questo cammino di distruzione e disperazione, come se fossimo condannati a vivere in un circolo vizioso di morte e desolazione.

Mi tornano in mente i giorni della mia gioventù, quando guardavo i telegiornali con gli occhi spalancati dalla paura e dalla meraviglia. Erano gli anni del conflitto in Vietnam, delle guerre coloniali, delle lotte sanguinose e disperate. Mi chiedo se oggi, nell'era dell'informazione istantanea e della connessione globale, abbiamo davvero fatto qualche progresso. Sembrano passati secoli, eppure siamo ancora qui, a rincorrere le ombre della violenza. Non ci siamo mai fermati a riflettere, a meditare sull’orrore che infliggiamo agli altri e a noi stessi. Siamo in attesa di un miracolo che non arriverà, mentre il mondo intero si sgretola sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

Rivedo le immagini dei corpi senza vita, dei rifugiati in fuga, delle città distrutte. Ogni volta è come se mi venisse strappato il cuore. È difficile sopportare la brutalità con cui il nostro genere si autodistrugge, eppure sembra che nulla possa fermarci. Le risposte sono sempre le stesse: bombe, missili, distruzione. Siamo diventati esperti nel risolvere i problemi con il sangue e la devastazione, come se non avessimo altro strumento per affrontare le nostre crisi.

Mi domando, con un cinismo amaro, se ci rendiamo conto di quanto siamo ridicoli. Ogni volta che la guerra scoppia, ci illudiamo di essere in grado di risolvere tutto con la violenza, dimenticando che ogni atto di guerra è una sconfitta per l'umanità. Il nostro mondo è intrappolato in una spirale di odio e vendetta che ci conduce inevitabilmente verso il baratro. Forse, un giorno, ci renderemo conto che l'unica soluzione è quella di fermarci, di ascoltare le voci che ci dicono di smettere e di cercare finalmente la pace.

E mentre tutto ciò accade, noi continuiamo a vivere in una sorta di anestesia collettiva. Guardiamo le notizie con una rassegnazione deprimente, come se tutto ciò che vediamo fosse solo uno spettacolo distante, qualcosa che non ha nulla a che fare con la nostra vita quotidiana. Ma la verità è che ci riguarda tutti, perché ogni esplosione, ogni lacrima versata, ogni vita spezzata è un pezzo del nostro stesso destino.

Nella mia mente risuona la melodia straziante di “Strange Fruit” di Billie Holiday, un canto di dolore e di ingiustizia che non smette mai di tormentarmi. Quel brano, che racconta di linciaggi e di sofferenze, sembra adatto per commentare la nostra epoca, un’epoca in cui la morte e la violenza continuano a dominare. Non c'è nulla di più sconvolgente e più disumano di questa continua danza macabra, di questo perpetuo ciclo di distruzione.

Il futuro? È incerto e spaventoso. Ma una cosa è certa: se non ci fermiamo a riflettere, se non cambiamo il nostro corso, saremo condannati a ripetere gli stessi errori, a vivere nell'eterna oscurità della nostra ignoranza. Forse, è tempo di svegliarsi da questo incubo e di chiedersi se davvero vogliamo essere solo spettatori passivi di un mondo che si autodistrugge, o se possiamo ancora trovare un modo per salvarlo.

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