Dal primo libro ho capito che non eravate solo un astrofisico, non solo un matematico. Eravate un’anima in lotta, un guerriero che combatteva contro il tempo, contro il corpo che si consumava. Questo mi colpì più di tutto.
Mi chiedo, Dr. Hawking, come avete fatto a rimanere così lucido, così forte, quando ogni cellula del vostro corpo vi tradiva? Come avete trovato il coraggio di guardare il futuro senza abbassare lo sguardo, senza piegarvi? Ecco, questa domanda non mi lascia mai. Perché la vostra vita era incompleta, eppure completa al tempo stesso. E io, io che non ho nessuna malattia degenerativa, io che mi muovo libera nel mondo, come posso lamentarmi?
Avete dato alla scienza una prospettiva nuova, sì, ma a me, una donna comune, avete dato di più. Mi avete insegnato che il limite non è fisico. Non è il corpo che ci definisce. È la mente, la volontà di capire, di spingere oltre l’orizzonte. Vi leggevo, e intanto pensavo a come mi affannavo per problemi insignificanti.
Cosa mi dava il diritto di sentirmi schiacciata dalle piccole cose, quando voi, costretto in una sedia a rotelle, riuscivate a guardare l’universo? La vostra vita era una sfida costante, e non avete mai mollato. In ogni vostra frase, in ogni vostro discorso, traspariva quella determinazione feroce, quell'intelligenza che non si piegava davanti a nulla. Mi sembravate immortale, e forse lo siete davvero.
Poi è arrivata la notizia, Dr. Hawking. Voi, che per tanto tempo sembravate sfidare la stessa morte, alla fine l'avete incontrata. Ho letto il titolo sul giornale, «Stephen Hawking è morto». E sono rimasta lì, immobile, a fissare quelle parole. Come poteva essere vero? Come poteva un uomo che aveva sfidato ogni previsione, che aveva continuato a vivere quando nessuno ci credeva, lasciarci così?
Mi domando ancora oggi, mentre vi scrivo queste righe, se avrei avuto la vostra stessa forza. Mi chiedo se avrei saputo affrontare tutto quello che avete vissuto senza spezzarmi. Non lo so, sinceramente. Quello che so, è che la vostra vita mi ha cambiata. Mi ha fatto capire che il limite è una scelta, e voi, voi avevate scelto di non porvi alcun limite.
Non vi ho mai conosciuto di persona, ma sento di avervi conosciuto a fondo. Ogni volta che mi perdo nei miei pensieri, ogni volta che guardo il cielo e mi chiedo che cosa ci sia là fuori, sento la vostra presenza. Sento le vostre parole che mi rimbombano nella testa, «Ricorda di guardare in alto, alle stelle, e non in basso, ai tuoi piedi». Quella frase la porto con me ogni giorno. Adesso siete partito, Dr. Hawking, lasciando un vuoto che difficilmente sarà colmato. Ma le vostre idee, le vostre teorie, la vostra forza, quella rimarrà per sempre. L'universo continua a espandersi, come le vostre parole che si diffondono tra di noi.
Non è la fine. Non può esserlo. La vostra voce, così silenziosa, continua a parlare.
Addio, Dr. Hawking. O forse, arrivederci. Vi saluto guardando il cielo, come mi avete insegnato.
L’universo non vi ha perso, vi ha assorbito.
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