Friday, July 4, 2014

Fragili trappole


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• Published on Friday, July 04, 2014 • No comments

Ci perdiamo in noi stesse, tra lacrime che sembrano pietre, eppure continuiamo a cercare ferite da riaprire #

Ecco, il punto è che noi donne siamo un po’ masochiste. Non c’è altro termine per descrivere quella strana inclinazione che abbiamo di spingere il coltello nelle nostre stesse ferite, persino quando sappiamo che ci farà male. Gli uomini non lo fanno. Quando sono depressi, escono, ruttano con gli amici al bar, si lanciano in qualche sfida idiota come chi piscia più lontano o, peggio, fanno un giro per vedere chi riesce a rimorchiare una sconosciuta. Ma noi? No, noi siamo diverse. Noi scegliamo di infliggerci il dolore. È quasi come se la sofferenza, quella profonda, fosse una parte di noi. E la cosa peggiore è che ci sembra giusta, meritevole, necessaria.

È così che finiamo per guardare quei film che ci spezzano il cuore. Non uno qualsiasi, no. Scegliamo esattamente quelli che sappiamo già ci lasceranno senza fiato, devastate, con le lacrime che scorrono senza tregua. È come se già non fosse abbastanza, come se quella tristezza dentro non fosse sufficiente a farci sentire vive. E allora lo facciamo. Clicchiamo «play» e ci prepariamo all’inevitabile. Ma non ci fermiamo lì. No, c’è di peggio. Cerchiamo le canzoni più deprimenti, quelle che sussurrano parole di disperazione, melodie che si avvolgono attorno al cuore e lo stringono forte. Ci chiediamo: perché lo faccio? Eppure non ci fermiamo, continuiamo. E sai perché? Perché in fondo ci piace. Perché il dolore, in qualche modo perverso, ci fa sentire vive. Il dolore diventa una conferma della nostra esistenza, delle nostre ferite mai guarite. E non solo non ci tiriamo indietro, ma lo cerchiamo. Lo bramiamo.

Ci sono giorni, sì, giorni in cui non c’è nemmeno un motivo. Non sono arrabbiata, non sono triste, eppure mi ritrovo lì, a scavare nelle vecchie foto, nei messaggi salvati, a riaprire vecchi diari. Cose che dovrei lasciare nell’ombra del passato, cose che dovrebbero essere sepolte. Ma no, io le resuscito. Perché? Perché voglio ricordare il dolore, voglio sentire il sale sulle ferite. Ancora peggio sono quei giorni in cui apro YouTube e, senza motivo apparente, cerco video deprimenti. Cosa cerco davvero? Forse una conferma, forse un riflesso della mia stessa sofferenza. Non so. Eppure, senza accorgermene, mi ritrovo con gli occhi pieni di lacrime, con la gola stretta, il cuore che batte come se stessi correndo una maratona. È un’assurdità, lo so. Ma lo faccio.

E sapete cosa? Non mi pento nemmeno.
Perché, alla fine, mi fa sentire completa. Forse siamo solo esseri che hanno bisogno di sentire la profondità della vita in ogni sua sfumatura, e quel vuoto dentro di noi, quella malinconia, è solo un promemoria che siamo vivi. Abbiamo bisogno di sentirlo. Lo so, sembra stupido. Sembra quasi patologico. Ma a volte sento che la sofferenza è l’unica cosa che ci tiene ancorate alla realtà. Forse siamo tutte un po' stupide, forse troppo sentimentali, forse masochiste, ma alla fine, questa è la nostra umanità. E non la cambierò per nulla al mondo. E allora sì, piango. Piango senza motivo, piango anche quando potrei sorridere. Ma non importa, perché nel pianto trovo quella parte di me che non riesco a ignorare. È lì che trovo la mia verità, nuda e cruda, senza maschere, senza filtri.

Background musicale: «Hurt» – Johnny Cash

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Eclipse ~ Eclixar.

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