Ho sempre pensato che le persone che incrociamo, quelle che scivolano nelle nostre vite, abbiano una missione. Non lo sanno, noi non lo sappiamo, eppure, quando ci guardiamo indietro, tutto sembra così inevitabile. Come se fosse stato scritto. Ma non è mai scritto. È lì, nel caso, negli incontri inaspettati.Amsterdam, 2018. Mi trovo qui per lavoro, ma finisco sempre a riflettere sul motivo per cui alcune persone rimangono scolpite dentro di noi e altre svaniscono senza lasciare traccia. C’è un uomo che incontro ogni mattina al bar, sempre seduto nello stesso angolo, con un libro che non legge mai. Non ci parliamo. Ma quel silenzio è come una pagina bianca che aspetta di essere scritta. Ogni giorno, lo vedo alzarsi, pagare il conto e uscire, come se stesse cercando qualcosa fuori dalla porta. Mi domando spesso chi sia. Cosa cerca? Forse lo stesso che cerco io: una risposta che non arriva, un senso che sfugge.
Poi c'è Lei. L'ho incontrata durante una conferenza, il solito evento dove il rumore delle chiacchiere supera il suono delle parole vere. Eppure, quando ha iniziato a parlare, la sala si è ammutolita. Ha raccontato la sua storia con una tale forza che non ho potuto fare a meno di ascoltarla. «Ci sono momenti in cui la vita ti chiede di scegliere chi sei», ha detto. E in quel momento, ho sentito un nodo in gola. Ho capito di cosa parlava. Era quella scelta, quell'incrocio dove ti trovi davanti a strade che si biforcano, e sai che una di esse ti porterà via da te stessa. Mi sono chiesta: quale strada ho scelto? E quale non ho avuto il coraggio di percorrere?
C’è una strana magia negli incontri. Alcuni ti cambiano, ti scuotono fino a strapparti via ciò che pensavi fosse la tua identità. Altri passano come un vento leggero, lasciando solo il ricordo di un momento fugace. Eppure, tutti lasciano qualcosa. È come se ognuno portasse un pezzetto di te, un riflesso che non riesci a vedere da sola. Ognuno, in modo diverso, ti costringe a guardarti dentro, a scavare nei tuoi pensieri più nascosti, nei desideri non detti.
Amsterdam non è mai stata la mia città, ma in questo momento, sembra quasi accogliermi. Ogni volto che incontro mi racconta una storia che non posso conoscere. Forse è per questo che continuo a vagare per le strade, cercando risposte che non arriveranno. Mi sento incompleta, come se mancasse un tassello, qualcosa che non riesco a definire. Eppure, è proprio questa incompletezza che mi spinge avanti, che mi fa cercare quegli incontri inaspettati.
A volte penso a quell'uomo al bar, a quella donna alla conferenza. Non li rivedrò più, forse. Ma hanno lasciato qualcosa in me, qualcosa che non so ancora spiegare. Forse è la consapevolezza che ogni incontro è un riflesso di ciò che siamo, e ciò che potremmo diventare. O forse è solo la sensazione che non tutto deve essere spiegato.
Continuo a camminare per queste strade, per queste vie che non conosco ma che sembrano sapere di me. Gli incontri si susseguono, e ognuno mi insegna qualcosa. Ma, soprattutto, mi ricordano che la vita non è mai prevedibile. Gli incontri sono porte, e ognuno di loro ci invita ad aprirle. A varcarle, senza sapere cosa troveremo dall’altra parte.
E così, oggi, rifletto su tutte le persone che ho incontrato quest’anno. Su come ognuna di loro, a modo suo, mi abbia cambiato. Su come, senza volerlo, abbiano modellato il mio cammino. È strano pensare a quante vite incrociamo senza neanche rendercene conto. Quante storie sfioriamo, quante vite tocchiamo, e quante ci toccano. Ma è proprio in quei momenti, in quegli attimi fugaci, che troviamo noi stessi.
Forse non capirò mai appieno il significato di tutti questi incontri, ma ciò che so è che ci hanno trasformato.
E questo, alla fine, è tutto ciò che conta.
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