Seduta sul divano, con gli occhi incollati al televisore, non posso fare a meno di sentire il peso della delusione che gravita nell’aria. È la sera del 5 dicembre 2009 e il mio cuore è come un ghiacciaio in dissolvenza. La conferenza di Copenaghen sul cambiamento climatico, che tutti speravamo potesse essere un punto di svolta, si è chiusa senza un accordo vincolante. E ora, qui, nel calore di casa, il freddo dell’inazione mi avvolge come una coperta di gelo. Guardo il telegiornale e le immagini di quei volti, stanchi e rassegnati, si sovrappongono alla mia mente. I leader mondiali, che per giorni hanno discusso e dibattuto, sembrano ora dei burattini che non sono riusciti a muovere i fili del destino. La neve fuori dalla finestra sembra essere un simbolo perfetto di questa inazione, un manto bianco che nasconde la terra, senza però riuscire a cambiarne la sostanza. Non è solo il freddo fisico a colpirmi, ma quello emotivo. Mi ricordo di quando, con grande speranza, seguivo le notizie sul summit, immaginando un futuro diverso. Avevo creduto che la voce del mondo si sarebbe finalmente unita in un grido di cambiamento. Ora, il silenzio che segue questa delusione è assordante.
I servizi del telegiornale mostrano i volti di coloro che hanno investito tempo, energie e speranze in questa conferenza. Alcuni di loro sono giovani attivisti che hanno lottato per anni per farsi sentire. Guardandoli, mi sento una di loro, una combattente persa in un mare di indifferenza. Le loro lacrime, la loro delusione, sono un riflesso di ciò che sento nel profondo. Il clima non è più solo una questione scientifica, ma una battaglia per la nostra stessa esistenza. Questa conferenza, che avrebbe dovuto segnare l’inizio di un nuovo capitolo, è finita in un nulla di fatto. È come se ogni promesa di cambiamento fosse stata inghiottita dalla stessa neve che ora copre le strade di Copenaghen. In questi momenti di sconforto, ci si domanda se le parole abbiano un peso, se le promesse siano altro che fumo negli occhi. Il nostro mondo, così fragile e precario, merita un impegno vero, non le chiacchiere vuote di una conferenza fallita. È il nostro futuro che si gioca su questo tavolo di negoziazione e, per ora, il futuro sembra sfumare come le ombre della sera. Mi guardo intorno e vedo le luci natalizie che scintillano fuori dalla finestra. Un segnale di speranza che, nonostante tutto, non può essere spento. È nel buio più profondo che la luce può brillare più intensamente.
Background musicale: "Imagine" di John Lennon
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