Oggi, 20 gennaio 2009, è il giorno in cui la storia non solo scrive, ma si riscrive, reinventa se stessa. Barack Obama, il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, entra trionfante nella Casa Bianca, e mentre lo guardo, sento il battito frenetico di una nazione che respira, finalmente, un’aria di rinascita. L'America, con il suo animo ferito e la sua anima divisa, trova in questo momento il suo riscatto, e noi con essa.
Questo è il nostro momento, questo è il nostro tempo, per ridare speranza e creare un futuro migliore...Queste parole non sono semplicemente un ritornello di campagna, ma un grido sincero di una generazione che non vuole più accontentarsi. Le sue parole, cariche di significato, arrivano dritte al cuore, perché sono pronunciate da un uomo che sa che la vera battaglia non è solo quella delle leggi, ma quella della trasformazione sociale e culturale.
La presidenza di Obama non è solo l’innalzamento di una bandiera, ma l’apertura di una porta. Una porta verso un futuro che ancora dobbiamo costruire, ma che, per la prima volta, appare luminoso e accogliente. E mentre lo guardo prendere possesso del suo ufficio, sono pervasa da un senso di speranza che non provavo da tempo. È come se il cielo stesso avesse deciso di risplendere di una nuova luce, una luce che promette di illuminare non solo il cammino di una nazione, ma il percorso di un’intera umanità. Obama oggi non è solo il presidente degli Stati Uniti, è un uomo che ha messo in discussione le convenzioni e ha chiesto al mondo di fare lo stesso. Oggi, l’America non è solo un paese, è un’idea, una possibilità. E questa possibilità ha un nome e un volto: Barack Obama.
Benvenuto Presidente.
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