Ogni mattina mi sveglio con il peso delle notizie. L'Italia è un focolaio, le vittime aumentano, e mi chiedo se non sia già troppo tardi per fermare tutto questo. Le strade di Amsterdam sono deserte, c'è un silenzio irreale. È strano, perché questa città è sempre viva, ma ora sembra sospesa, in bilico. Persino i canali sembrano più fermi, come se anche l'acqua avesse deciso di fermarsi.
Rifletto spesso su come la scienza possa dare risposte a tutto questo. Mi aggrappo a ciò che so, a ciò che ho studiato. So che ci saranno vaccini, so che ci saranno soluzioni, ma quello che non so è quando arriveranno. Mi sento divisa tra la logica e la paura. «Quanta paura possiamo sopportare prima che ci spezzi?» È una domanda che mi faccio ogni giorno.
C'è una parte di me che vuole lottare, che vuole uscire da questa prigione invisibile, ma l'altra parte, quella più razionale, mi dice di aspettare. Di fidarmi dei numeri, delle statistiche, della scienza. Eppure, è difficile non sentirsi impotenti. Mark Rutte ha chiuso tutto, eppure sembra che niente basti. Mi chiedo se siamo davvero preparati per ciò che sta arrivando, o se stiamo solo cercando di guadagnare tempo. È come se fossimo in una barca, in balia di un oceano di incertezze.
Leggo i titoli dei giornali, e ogni riga mi sembra un colpo al cuore. «Ancora vittime.» «Nuovi contagi». Ma dietro le statistiche ci sono persone, vite spezzate, e questo è ciò che mi travolge. Non sono numeri, sono storie. Famiglie che non si rivedranno mai più, sogni interrotti senza preavviso. Mi arrabbio, mi arrabbio perché nessuno sembra davvero capire la gravità della situazione finché non ci è dentro. Ogni giorno diventa una lotta contro l'incertezza. Mi domando come sarà il futuro, se riusciremo mai a tornare a quella normalità che sembrava così banale e adesso ci sfugge. Mi domando se questa incompletezza diventerà la nuova costante delle nostre vite. Se dovremo adattarci a vivere così, nel dubbio, nel timore di un nemico invisibile.
Non sono mai stata brava a stare ferma. Ma ora, tutto ciò che posso fare è aspettare. Aspettare che la tempesta passi, che il mondo torni a respirare. Nel frattempo, continuo a leggere, perché le parole mi aiutano a sopravvivere. Ma so che questo non basta. So che ci vorrà molto di più. Ci vorrà tempo, ci vorrà coraggio.
E mi chiedo: come usciremo da tutto questo? Saremo le stesse persone di prima? O questo silenzio ci cambierà per sempre?
**Fine del post:** Siamo davvero preparati a ciò che verrà, o stiamo solo cercando di non affondare? Tu, cosa credi?
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Eclipse
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Eclipse ~ Eclixar.
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