Marzo. Il gelo è ovunque. Non solo nell’aria che mi morde la pelle, ma anche nei pensieri che mi assillano, incessanti.
Ieri, Papa Benedetto XVI ha annunciato la sua dimissione. Non ricordo un’altra volta nella storia in cui un Papa abbia fatto un passo indietro, volontariamente, con quel silenzio che taglia e che parla più di mille sermoni. Ho osservato la notizia, l'ho lasciata scivolare dentro di me come una lama affilata, penetrante. E mi sono chiesta: Cosa vuol dire abbandonare il potere, la responsabilità, la fede stessa?
La fede, sì. Quella parola che aleggia costantemente come un fantasma nella mia vita. E mi ritrovo a scrivere ora, perché sento che qualcosa dentro di me si sta sgretolando. Non solo la fede in Dio, ma anche la fede nell’essere umano. Perché questa scelta, questo gesto che dovrebbe essere di umiltà, mi lascia invece con un senso di smarrimento, di vuoto incolmabile. Come se il mondo stesso stesse perdendo il suo equilibrio, la sua rotta.
Mi guardo attorno e vedo un’umanità che vacilla, che barcolla sotto il peso della propria mediocrità, incapace di trovare un senso, una direzione. Eppure, c’è chi parla di questa rinuncia come di un segno di grandezza, di spiritualità. «Grandezza?» mi chiedo. È grande rinunciare, oppure è solo un modo per fuggire dall’inevitabile?
La verità è che ognuno di noi, prima o poi, si trova di fronte a questo bivio. Quando l’energia manca, quando il corpo e la mente non reggono più, cosa ci resta? Continuare a lottare, fingere di essere invincibili, o accettare che siamo solo esseri fragili, che crollano sotto il peso delle proprie convinzioni? Io non lo so. Forse è questo il mio problema, non ho mai saputo cosa fare quando arriva il momento di cedere. Cedere alla stanchezza, cedere alla debolezza. Cedere alla paura.
Ma poi c'è la fede, quella fede che mi è sempre stata estranea, lontana come una stella irraggiungibile. La fede di chi crede che, nonostante tutto, ci sia qualcosa di più grande a sostenere le nostre fragili vite. Eppure, guardando Benedetto XVI ieri, ho visto un uomo, prima che un Papa. Un uomo che aveva capito la propria fine, la propria umanità. E ho pensato: Forse, per la prima volta, siamo tutti uguali di fronte al crollo della fede. Forse, anche lui ha sentito quella stessa fragilità che io sento oggi.
E in questo mio inverno interiore, dove ogni fiocco di neve sembra un pensiero tagliente, mi chiedo: Che senso ha avere fede se anche i custodi della fede tremano di fronte al proprio destino? Che senso ha credere quando tutto crolla?
Oggi non ho risposte. Solo domande che galleggiano come bolle nell'aria fredda. Mi accorgo che la vita stessa è un atto di fede. Ma è una fede che si sgretola sotto i miei piedi. Sento il bisogno di capire, di trovare una verità più profonda, più mia. Perché senza fede, senza una guida, siamo solo foglie trascinate dal vento.
Forse è questo che il Papa ha capito prima di noi: siamo tutti destinati a cadere, a un certo punto. La fede può aiutarci a rialzarci o può abbandonarci nel momento in cui ne abbiamo più bisogno. E allora, cosa resta? Solo il silenzio. Solo il freddo.
• remember me •
• Eclipse •
Eclipse
Ogni parola in questo blog nasce dalle mie esperienze e riflessioni. Scrivo per passione, non per professione, perché è il mio modo di respirare. La tua privacy è importante: le informazioni condivise saranno trattate con riservatezza.Per maggiori dettagli, consulta la mia Informativa sulla Privacy.
Eclipse ~ Eclixar.
0 Comments:
Post a Comment